Nel 1924, a Ginevra, la Società delle Nazioni approvò la DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DEL FANCIULLO (1), al termine di una seria riflessione sulle devastanti conseguenze che anche i bambini avevano subito durante e dopo la Grande Guerra 1914-1918.
Per la stesura dell’importantissimo documento, la Società delle Nazioni riprese la Carta dei Diritti del Bambino (Children’s Charter) proposta nel 1922/23 dall’Unione Internazionale per il Soccorso all’Infanzia (Save the Children Found) su iniziativa della sua fondatrice Eglantyne Jebb per alleviare in qualche modo le sofferenze patite dai minori durante il primo conflitto mondiale e nell’immediato dopoguerra.
Dopo l’istituzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, la dichiarazione fu approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 20 novembre 1959 e, pur non essendo un atto vincolante, impegnò gli Stati dal punto di vista morale a consentire ai bambini un normale sviluppo, materiale e spirituale: il fanciullo affamato dev’essere nutrito; quello malato, curato; quello tardivo, stimolato; quello fuorviato, recuperato; l’orfano, raccolto; l’abbandonato, risollevato. In caso di necessità, il bambino dev’essere soccorso per primo. Durante la crescita, dev’essere protetto da qualsiasi sfruttamento e allevato in modo da poter mettere a frutto i propri talenti, sia per guadagnarsi da vivere sia per aiutare i fratelli.
Trent’anni dopo, la revisione della Dichiarazione fu alla base della nuova CONVENZIONE INTERNAZIONALE SUI DIRITTI DELL’INFANZIA (2), approvata dalla stessa Assemblea Generale dell’ONU il 20 novembre del 1989: ratificata da ben 193 Stati (“un record nella storia dei trattati sui diritti umani”), essa ha contribuito fortemente a cambiare “il modo di percepire, pensare e trattare i bambini e gli adolescenti di tutto il mondo” (V. Spadafora, presidente UNICEF Italia).
I Paesi firmatari, infatti, si impegnano a garantire a tutti i bambini e gli adolescenti i diritti universali (identità, nome, alimentazione, crescita, salute, cure, uguaglianza, nazionalità, istruzione, protezione, libertà ecc.), basati su quattro principi fondamentali:
(1) il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo;
(2) la non discriminazione;
(3) l’interesse superiore dei minori nelle questioni che li riguardano;
(4) il rispetto per le opinioni dei minori.
Secondo la Convenzione – che comprende anche due Protocolli opzionali riguardanti il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati e la vendita, la prostituzione e la pornografia di minori – ai governi spetta l’obbligo di fare tutto il possibile per garantire quei diritti, mentre ai genitori è riconosciuto un ruolo unico nell’educazione dei figli. L’atto non è soltanto una meritoria dichiarazione di principi generali: quand’è ratificata, infatti, costituisce un impegno giuridico per lo Stato, che deve uniformare ad essa le proprie normative interne così da concretizzare e rendere efficaci i diritti proclamati. La Convenzione, inoltre, impegna gli Stati aderenti a realizzare un “sistema” globale di tutela e sviluppo dell’infanzia e dell’adolescenza: per monitorare i cambiamenti e sollecitare i Paesi firmatari ad adeguare le legislazioni nazionali e pubblicizzare i provvedimenti presi, è istituito anche un Comitato per i diritti dell’infanzia .
Ad oggi, oltre settanta Stati hanno inserito nella propria legislazione nazionale una normativa basata sulle disposizioni della Convenzione (ratificata in Italia (3) con la Legge n. 176 del 1991, mentre al 1997 risalgono l’istituzione della Commissione Parlamentare per l’Infanzia e dell’Osservatorio Nazionale per l’Infanzia) e, dalla sua approvazione ad oggi, sono stati compiuti grandi progressi: la mortalità infantile è diminuita del 28%; i bimbi che possono frequentare la scuola sono quasi l’84%; importanti normative sono state adottate contro l’arruolamento dei bambini-soldato, contro la tratta e la prostituzione dei minori, contro la schiavitù domestica, contro le mutilazioni imposte a bambine e ragazze.
Purtroppo, però, i diritti di bambini e adolescenti non sono ancora tutelati nella giusta misura e dovunque:
- a milioni continuano a morire nel mondo e spesso per cause oggigiorno prevenibili (es. denutrizione, malaria, morbillo e polmonite);
- troppi minori in età scolare non vanno né andranno mai a scuola;
- milioni di bambini e adolescenti soffrono per mancanza di adeguata protezione contro abbandono, abusi, discriminazione, guerre, sfruttamento e violenze d’ogni tipo.
“La grande sfida dei prossimi vent’anni è mettere al centro di ogni attività umana il superiore interesse dei bambini“, perché “è una nostra responsabilità collettiva tutelare i diritti di ogni bambino” al fine di “garantire sopravvivenza, sviluppo, tutela e partecipazione” (Ann M. Veneman – Direttore generale UNICEF) e così salvaguardare il futuro dell’umanità.
In memoria della storica approvazione del 1989, il 20 novembre di ogni anno si celebra la GIORNATA MONDIALE PER I DIRITTI DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA. Il 20 novembre 2009 si è celebrato il 20° anniversario dell’approvazione della Convenzione: per l’occasione, centinaia di eventi si sono svolti in tutto il mondo. Tra questi, il giorno precedente l’UNICEF ha presentato uno speciale Rapporto sulla condizione dell’infanzia nel mondo per mettere in evidenza l’importanza storica del fondamentale documento adottato nel 1989, per verificarne i reali effetti e per tratteggiare quanto ancora resta da fare; esso inoltre contiene saggi di esperti e propone una serie di buone pratiche in materia. Il 17 novembre 2009 è inoltre stato ufficialmente presentato da Telefono Azzurro ed Eurispes il decimo rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza (4).
«Tenendo conto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e in particolare dell’articolo 4, che esige che gli Stati contraenti adottino tutte le misure legislative, amministrative ed altre necessarie ad applicare i diritti riconosciuti nella suddetta Convenzione», il 25 gennaio del 1996 a Strasburgo il Consiglio d’Europa ha adottato la CONVENZIONE EUROPEA SULL’ESERCIZIO DEI DIRITTI DEI MINORI (5), al fine di «promuovere, nell’interesse superiore dei minori, i loro diritti, concedere loro diritti azionabili e facilitarne l’esercizio facendo in modo che possano, essi stessi o tramite altre persone od organi, essere informati e autorizzati a partecipare ai procedimenti che li riguardano dinanzi ad un’autorità giudiziaria».